Marconi, l’occupazione è salva

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LATINA — Rientra l'allar­me occupazione e si fa più disteso il confronto – che si preannuncia comunque lungo e complesso – fra i vertici aziendali di Marco­ni/Ericsson ed i rappresen­tanti sindacali dei lavorato­ri.

In Assindustria Roma, il colosso aziendale frutto del matrimonio fra l'azien­da che produce componen­ti per telefoni cellulari (Marconi Communica­tions) ed il gigante mondia­le della telefonia (Erics­son), ha presentato alle parti sociali un piano industriale che non solo lascia inalterati gli attuali livelli occupazionali, ma prevede ulteriori investimenti per i prossimi anni. Buone notizie, dunque, per i 130 lavo­ratori del sito di Via Capograssa, a Latina, da mesi in stato d'allerta a seguito della denuncia di 1500 dipendenti in esubero sulla sce­na mondiale fatta da Erics­son il giorno dopo la stori­ca fusione. Ad alimentare le preoccupazioni dei lavo­ratori, anche una serie di «movimenti societari» che di fatto hanno spostato su Ericsson (in danno di Mar­coni, il «marchio» da cui dipendono le maestranze latinensi) l'ago di una bi­lancia fino a ieri sostanzial­mente equilibrato fra i due «soci» del neonato gruppo. In altri termini, si era temu­to che il gioco dei trasferi­menti dei rami d'azienda e delle nomine ai vertici so­cietari (dopo le dimissioni dell'amministratore delega­to di Marconi Communica­tions il responsabile di Eri­csson Lab ha assunto en­trambi le cariche) finisse con il determinare una sor­ta di svantaggio, per Mar­coni, sul piano delle redistribuzione dei presunti esuberi. A suffragare i timo­ri, l'irrigidimento della po­sizione aziendale nel corso del recente vertice dal Mi­nistro Bersani, con la di­scutibile scelta di un con­fronto a porte chiuse – o comunque «separate» – che di fatto ha reso ancor più ostico il confronto, al­zando il livello dell'allarme fra i lavoratori. Il vertice romano di ieri l'altro in Assindustria, ha rassicurato tutti. Non ci saranno licen­ziamenti – assicura Vincen­zo Quaranta, segretario provinciale di Fiom-Cgil.

Tutt'al più si dovrà discute­re di un piano di riorganiz­zazione aziendale che po­trà prevedere, nella logica di un più complesso rilan­cio aziendale, l'eventuale trasferimento di un limita­to numero di lavoratori in altre aziende del gruppo. L'ipotesi più accreditata è quella dello stabilimento di Roma Anagnina, ossia del sito nel quale – secon­do la prima e poi sfumata previsione – Ericsson avreb­be voluto trasferire l'intera produzione. Questo non accadrà, stando alle rassi­curazioni fornite in Assin­dustria, ma quel sito roma­no – tuttavia – resta il per­no del piano di rilancio del gruppo. Che una parte dei lavoratori pontini debba prepararsi ad un pendolari­smo tutto sommato accet­tabile se sostitutivo, come sembra, della temuta perdi­ta del posto di lavoro, è ipotesi più che credibile. Da parte aziendale, per ora, c'è di certo l'impegno a salvaguardare gli attuali livelli occupazionale e ad incentivare il «ramo ricer­ca» del gruppo; proprio quello riguardante Marco­ni. Dalla prossima settima­na, fa sapere Quaranta, inizierà il confronto più detta­gliato con la proprietà: tut­ti i siti Marconi/Ericsson, dalla Liguria alla Sicilia, sa­ranno esaminati e per cia­scuno sarà elaborato un piano specifico. Il futuro dei 130 lavoratori di Latina sarà definito in quella se­de. La Marconi del Picca­rello ha alle spalle un vissu­to complesso. La fusione con la multinazionale sve­dese leader nel settore del­la telefonia mobile, appar­sa apparentemente come un momento di accresci­mento della forza azienda­le e di potenziamento del marchio, ha invece para­dossalmente coinciso con una fase di grandi incertez­ze per i lavoratori di Mar­coni, condannati a diventa­re le vittime sacrificali di un'operazione di riorganiz­zazione sulla scena mon­diale che ha rischiato di veder soccombere il part­ner economicamente più debole della neonata cor­data. La mediazione sinda­cale è stata determinante in tal senso. Ora si tratta di garantire il futuro ai 130 di Latina che da anni, in veri­tà, vivono come su di un'al­talena la visione del doma­ni.

Fonte: Il Tempo [Rita Calicchia]