SERMONETA — Si preannuncia difficile e tutta in salita la vertenza Bristol. Il segretario provinciale dei chimici della Cgil Mario D'Arcangeli (per un refuso, nell'edizione di ieri del nostro giornale gli è stata attribuita la foto del consigliere provinciale Federico D'Arcangeli) è consapevole della complessità del caso, certamente da definire su uno scenario internazionale visto che trattasi di una multinazionale americana.
La crisi del colosso del farmaco, del resto, affonda le radici in un ambito ben più vasto di quello squisitamente locale. Lo stabilimento pontino è considerato uno dei maggiori impianti chimico-farmaceutici esistenti al mondo. Si occupa di produzione di principi attivi, che costituiscono la base dei medicamenti, e di produzione e confezionamento delle specialità finite. Da questo stabilimento, partono prodotti destinati a quasi novanta paesi al mondo. Una realtà imponente, dunque, cresciuta gradualmente negli anni 70 (lo stabilimento fu inaugurato nel 1969): inizialmente, Bristol produceva solo antibiotici del ceppo penicillinico. Nel tempo si sono aggiunte le cefalosporine e la manifattura di farmaci chemioterapici, prodotti sotto forma iniettabile, sospensioni orali, compresse e capsule. Da qualche tempo l'azienda manifestava segnali di crisi, fino al punto da annunciare la sospensione di qualsiasi investimento per il 2007, con conseguente denuncia di cento esuberi. Cgil, Cisl e Uil hanno già chiesto l'apertura di un tavolo di confronto governativo onde tentare l'individuazione di soluzioni capaci di rendere il più indolore possibile, per l'occupazione, gli effetti di una crisi che appare oggettiva ed irreversibile e comunque legata ad una strategia aziendale globale che – temono i sindacati – potrebbe anche prevedere, in una logica di riorganizzazione dei siti, una trasmigrazione verso Anagni, lo stabilimento italiano del gruppo consorella di quello di Sermoneta, di una buona parte dei lavoratori pontini.
Fonte: Il Tempo [Rita Calicchia]